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al testo di Teresa Anna Biccai
Alberi
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prosegue l’anima di sera a camminare cercando la pazienza del maltempo finché la rosa indosserà il suo rovo e il fiato resterà terra straniera
ho storie spese ai fianchi, ragioni come semi piantate dentro e voci di trame e santi ruzzolati a turno
e poi, più il niente, lontane cecità, ma il sole preso culla resta altrove beffando le mie ossa e il timbro che ora splende ha nome in me
due alberi divisi a delirare il canto dell’unione confrontano per me ciò che non so per impastarsi al vento
sovrano è il giglio sull’albero che scelgo per vivere il lamento alle radici strappandolo fra i denti
il rosso accanto, resiste senza rami e il fusto che lo frena ha nodi incisi legando volontà senza demenze
l’inverno da lodare si ciberà di me sbocciando foglie e fiori per riportarli intatti a rotazione schivando le stagioni
attorno più non sono le fortezze padrone è il cuore mio sopra la gola carminio remissivo sull’altare di un Dio senza colori
prego il tempo, le chiavi e il passo di tutte le frontiere che in grazia passerò lasciandoti la mano, a istanti, quanti istanti per amarla
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Franca Alaimo
- 11/09/2010 12:51:00
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Questo testo è un esempio di come limpasto linguistico, la sua qualità inventiva dia repiro di originalità ai contenuti e di come, allo stesso tempo, proietti la quotidianità e la percezione delle cose oltre il loro semplice accadere, apparentandole al mistero in senso lato. Una bella poesia, dunque, dove gli elementi paesaggistici sono solo porte verso una possibile verità.
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Mapi
- 11/09/2010 11:07:00
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Mi piace tantissimo...
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